- Mamma, Benedetta non vuole bere il thè.
- Mamma, mi fa schifo. Ci ha messo la carta dentro.
- Sono le foglie di menta. E' thè alla menta. Bevi.
La vista non era invitante e tanto meno lo era l'odore. Dentro la tazzina di plastica
piena di acqua, navigavano quattro pezzetti di carta di color verde. Del buon odore di menta, e delle sue foglie
nemmeno l'ombra.
- Non sono foglie di menta queste. Sono pezzettini di carta, non si possono bere.
- Mamma! Benedetta non vuole bere il mio thè. Vieni tu a bere il thè?
- Che succede qui? Benedetta per favore, ti avevo chiesto una piacere, ricordi? Bada a tua sorella fino a quando torna papà, per favore te lo chiedo. Ho una montagna di cose da fare.
Benedetta era la figlia più grande e quel pomeriggio aveva promesso a mamma e papà che avrebbe badato lei alla sorellina piccola. Nessuno però le aveva mai chiesto se le sarebbe piaciuto fare la sorella maggiore, e mai nessuno le aveva detto
che una volta arrivata, quella mocciosetta sarebbe stata al centro del mondo. Ma l'amore che provava per lei superava ogni cosa,
e in fondo al cuore sapeva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per renderla felice.
- Uffa. Nessuno vuole bere il mio thè. Nessuno vuole giocare con me.
- Dai non fare così. Non possiamo guardare i cartoni? Mettiamo la videocassetta e guardiamo i cartoni, dai.
Alessia, si era alzata dal tappeto sul quale aveva sapientemente adagiato le tazzine e la teiera di plastica, per andare alla finestra del
balcone. Faceva sempre così quando era in punizione o quando faceva i capricci. Si metteva davanti alla porta finestra del balcone della cameretta, e poggiava il nasino e la bocca sul vetro. Le piaceva sentire quella sensazione di fresco sulle labbra e si divertiva poi a respirare forte col naso, fino a quando sul vetro non si creava un piccola patina di condensa così da poterci fare i disegni con il dito sopra.
Benedetta era incastrata. Non voleva fare un dispetto ad Alessia, ed in più non poteva rischiare di essere rimproverata dalla madre
se la sorellina avesse cominciato a piangere. Guardava la tazzina con aria disgustata. Oltre ai pezzi di carta, c'erano altri
oggetti non ben identificati sul fondo. Chissà cosa ci aveva messo dentro Alessia credendo che fosse una zolletta di zucchero.
- Ale, dai non fare così. Guarda, ora bevo il thè che hai preparato per me.
- Aspetta!
Alessia fece un balzo felino e si catapultò nuovamente sul tappeto per porgere un cucchiaino alla sua ospite.
- Tieni. Devi girarlo prima.
Se da un lato Alessia era tornata a sorridere, dall'altro la situazione peggiorava sensibilmente per Benedetta. Ora le toccava pure
amalgamare ben benino tutti gli oggetti non ben identificati dentro la tazzina. Così se prima c'era qualche speranza di lasciarli sul fondo, ora sarebbero finiti tutti dritti dritti nello stomaco, sciolti in un intruglio ai limiti della commestibilità.
- Grazie. C'è già lo zucchero?
- Sì sì. Ne vuoi ancora?
Alessia indicò un blocco di plastilina rosa, da cui precedentemente ne aveva staccato un pezzettino per metterlo nella tazzina della sua ospite. Benedetta rabbrividì all'idea di dover trangugiare un altro pezzo di quella roba sciolta nell'acqua e fece segno di no con la mano. Alessia la fissava sorridente con gli occhi pieni di gioia ed in quel momento Benedetta stava diventando la sua sorellina del cuore.
Benedetta non poteva più tirarsi indietro. Senza pensarci troppo, poggiò la tazzina sulle labbra, chiuse gli occhi e buttò giù tutto in un sorso.
- Evviva. Evviva.
Alessia cominciò a saltellare e a battere le mani dalla felicità, mentre Benedetta ringraziava il cielo che i pezzetti di carta non le fossero finiti in gola.
- Ancora. Ancora. Ancora.
Un rumore sordo di chiavistello spostò l'attenzione di tutte verso la porta, era arrivato papà.
- Papà!
Alessia corse verso la porta quasi calpestando le altre tazzine sul tappeto, e si lanciò a peso morto addosso alle gambe del padre.
- Ciao cucciola! Vieni qua piccola peste, vediamo quanto sei cresciuta oggi.
- Sono cresciuta, sono grande come te.
- Ma cosa dici , tu sei una piccola gnoma. Invece, io sono un gigante e ora ti mangio il pancino.
Matteo Patrizi era un omone barbuto , scuro di carnagione e dalla voce piuttosto grave. Era un vero e proprio gigante per le due figlie
Alessia e Benedetta, che a malapena gli arrivavano alla vita.
- E dove l'altra gnoma? Dove ti nascondi piccolo demone delle foreste?
- Papà oggi ho fatto il thè con Benedetta.
- Mmm ma che brava. Ne voglio assaggiare un pò anch'io. Forza vai a riempire una bella tazza di thè per il tuo papà.
Alessia fece un balzo dalle braccia del padre e corse verso la cameretta, ormai il suo thè era stato un successone.
- Alessia fai piano. Quante volte ti ho detto che non devi correre in casa?
La signora Walcott era la regina della casa, ed in quanto tale era anche il comandante delle guardie. L'educazione delle figlie e le faccende di casa erano una sua responsibilità de facto.
- Ciao amore bentornato. Com'è andata oggi? Novità?
- Ciao tesoro. Niente di nuovo. Il comune non ha ancora stanziato i fondi e le macchine sono rimaste ferme tutto il giorno.
- Che schifo. Ma che fine fanno tutti i soldi delle tasse? Non ci credo che non ci sono i soldi per mandare avanti i lavori.
- Amore, purtroppo questi scavi vanno avanti da molto tempo, e i ricavi che il comune percepisce dalla vendita dei biglietti ai cittadini che vogliono visitarli sono troppo pochi per pagare gli operai che ci lavorano.
- Non ci credo, è tutta una bugia. Qui al sud non ci sono mai i soldi per fare niente. Non ci sono i soldi per raccogliere la spazzatura, non ci sono i soldi per avere l'acqua potabile, non ci sono i soldi per la disoccupazione. Ci sono però i soldi per pagare tutte quelle auto di lusso del sindaco e dei suoi consiglieri. Per non parlare dell'esercito di consulenti strapagati per fare il lavoro dei dipendenti. Pagati anche loro, ma che non alzano un dito e che a malapena timbrano per entrare. Oh, dannata Italia. Dovevamo andar via quando potevamo farlo.
- Hai ragione , la situazione è quella che è e non ci possiamo far nulla. Aspettiamo ancora. Magari tra qualche settimana sbloccheranno i fondi e tutto sarà a posto.
- Uff, aspettare e sperare. E' l'unica cosa che voi italiani sapete fare.
Thea Walcott era una giovane mamma, inglese. Da piccola era cresciuta nel sud di Londra, ed aveva ricevuto la tipica educazione anglosassone dai genitori Lea e George. Era la primogenita delle tre sorelle Walcott ed era sempre stata come una seconda madre per le altre due. Molto brava a scuola ed in casa, aveva trascorso gli anni fino alla maggior età senza allontanarsi dal piccolo borgo natìo. Nella sua vita non aveva mai vissuto grosse emozioni, fino a quando non aveva conosciuto Matteo, all'epoca giovane studente di archeologia.
Fu durante l'erasmus di Matteo che i due si conobbero e fu lì che scattò il colpo di fulmine. Thea era rimasta folgorata dalla voglia di vivere, dall'entusiamo e dalla capacità di emozionare di Matteo. Quando era con lui sentiva il mondo girare dentro di sè, quando lui la guardava negli occhi, le trasmetteva una sensazione di serenità che lei non aveva mai provato. Si sentiva travolgere da emozioni che non aveva mai provato prima, e solo in quei momenti poteva sentire di essere viva veramente. Fu per questo motivo che, una volta sposati, avevano deciso di rimanere nel paese di Matteo. Lì avevano una casa e un lavoro, e Thea era affascinata dal modo di affrontare la vita di Matteo ed era convinta che sarebbe riuscita ad imparare a vivere come lui. Ma con il passare del tempo queste cose avevano assunto un'importanza secondaria, e da qualche settimana ormai stava crescendo forte in lei il desiderio di tornare a casa.
- Thea, andrà tutto bene ..
- Papà. Il thè.
Alessia interruppe la discussione, aveva due tazzine in mano piene di acqua e pezzi di carta verde galleggianti.
- Amore, grazie. Ma sei bravissima, guarda che bel thè alla menta che hai fatto. Thea, assaggia il thè di Alessia forza.
Thea si sciolse davanti allo sguardo innocente di sua figlia, prese in mano la tazza e si rasserenò. Avrebbe aspettato ancora un pò prima
di andarsene, almeno fino a quando non avrebbe avuto altra scelta.
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